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Informazioni
Orari di apertura: Palazzo Re Enzo è sede di numerosi eventi e mostre durante l’anno. E’ visitabile solo durante questi periodi.

Posizione: clicca qui per raggiungere Pal. Re Enzo

Descrizione
Palazzo Re Enzo è denominato ‘Palazzo Nuovo‘ per distinguerlo dal Palazzo del Podestà. Venne costruito tra il 1244 e il 1246 (contemporaneamente al Palazzo del Capitano del Popolo) come ampliamento degli edifici comunali ed è visibile alla sinistra del Palazzo del Podestà ponendosi frontale a quest’ultimo. Il Palazzo fu sottoposto a consistenti restauri, condotti nel 1905 da Alfonso Rubbiani, che ripristinarono l’aspetto gotico dell’edificio: Rubbiani ricostruisce le merlature, le arcate del pianterreno e la scala quattrocentesca.
Ad appena tre anni dalla sua ultimazione avvenuta nel 1246, all’interno del Palazzo, inizialmente concepito per espletare funzioni pubbliche, vi fu rinchiuso il figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, Re Enzo, fatto prigioniero in battaglia. Da allora Enzo non uscì più dal palazzo, che prese subito il suo nome, restandovi prigioniero per ventitrè anni, fino alla morte avvenuta nel 1272. Si trattò di una prigionia di lusso, che gli consentiva una vita tutto sommato piacevole allietata dalla poesia e dalle presenze femminili (ebbe tre figlie).
I Bolognesi non accettarono mai alcuna proposta di riscatto per lasciarlo libero.
Immerso nell’atmosfera magica di Piazza Maggiore, Palazzo Re Enzo coniuga oggi il fascino del passato con la tecnologia più avanzata. Ospita anche congressi, convention, iniziative culturali, meeting aziendali, mostre ed esposizioni.
Curiosità Palazzo Re Enzo
Anticamente, sul lato est dell’edificio, vi era una grande finestra che affacciava su un terrazzo, ad oggi non più esistente. Questa balconata era sempre piena di fiori colorati e profumati, tanto da essere soprannominata Il Giardino della Lazzarina.
Lazzarina era infatti il nome della signora proprietaria del terrazzo. Di mestiere Lazzarina curava giardini ed era la moglie del boia di Bologna. La storia ci tramanda che ogni volta che il marito portava a compimento il suo crudele compito, Lazzarina aggiungeva un vaso al suo terrazzo.
Il dubbio che Lazzarina lo facesse per essersi ben maritata appare più che legittimo. Ci piace pensare che si trattasse di un gesto di compassione nei confronti del giustiziato di turno.
Per questo motivo, a Bologna, si usava dire in dialetto – andèr in t’al zarden d’la Lazzarina – ovvero andare nel giardino della Lazzarina, che non era di certo un augurio di lunga vita!
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