Sappiamo davvero molto del Palazzo Re Enzo di Bologna ma questa leggenda è davvero interessante.
Sappiamo infatti che Palazzo Re Enzo è denominato ‘Palazzo Nuovo‘ per distinguerlo dal Palazzo del Podestà.
Venne costruito tra il 1244 e il 1246 (contemporaneamente al Palazzo del Capitano del Popolo) come ampliamento degli edifici comunali.
E’ visibile alla sinistra del Palazzo del Podestà ponendosi frontale a quest’ultimo.
Ad appena tre anni dalla sua ultimazione, all’interno del Palazzo, inizialmente concepito per espletare funzioni pubbliche, vi fu rinchiuso il figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, Re Enzo, fatto prigioniero in battaglia.
Da allora Enzo non uscì più dal palazzo, che prese subito il suo nome, restandovi prigioniero per ventitrè anni, fino alla morte avvenuta nel 1272.
I bolognesi non accettarono mai alcuna proposta di riscatto per lasciarlo libero.
L’INTERNO DEL PALAZZO RE ENZO
In origine il Palazzo aveva i solai di legno e solo successivamente furono costruiti i pilastri e le volte in muratura.
Quelle del primo piano si devono ad Antonio di Vincenzo che le costruì nel 1386, probabilmente per far posto all’archivio del Comune.
L’ultimo piano fu invece realizzato in muratura soltanto nel 1771 da Gian Giacomo Dotti.
Il Palazzo, in stato di degrado, fu restaurato da Alfonso Rubbiani nel 1905 con la costruzione della fantasiosa merlatura di cui non c’era traccia.
CURIOSITA’: IL GIARDINO DELLA LAZZARINA
Palazzo Re Enzo nasconde una serie di racconti, tra storia e leggenda, che meritano di essere raccontati
Ed è proprio qui che inizia il racconto del Giardino della Lazzarina.
Anticamente, sul lato est dell’edificio, vi era una grande finestra che affacciava su un terrazzo, ormai non più esistente.
Questo terrazzo era sempre pieno di fiori colorati e profumati, tanto da essere soprannominato per l’appunto..Il Giardino della Lazzarina.
Questo era infatti il nome della signora proprietaria del terrazzo, di mestiere giardiniera, ed ahimè moglie del boia di Bologna!
La storia ci tramanda che quando il marito portava a compimento il suo incarico, Lazzarina aggiungeva un vaso di fiori al suo terrazzo.
Il dubbio di apporre questi vasi per essersi ben maritata…beh…appare più che legittimo.
Ci piace in realtà pensare che si trattasse di un atto di compassione nei confronti del giustiziato di turno.
Per questo motivo, a Bologna, si usava dire in dialetto – andèr in t’al zarden dla Lazzarina – ovvero andare nel giardino della Lazzarina, che… immaginiamo… non fosse certo un augurio di lunga vita!
(cit. Serena Bersani, Il giro di Bologna in 501 luoghi, Newton Compton; Costa, Conoscere Bologna , Costa Editore)